Urteilskopf
112 Ib 59
10. Estratto dalla sentenza della I Corte di diritto pubblico del 12 marzo 1986 nella causa Dipartimento di Giustizia del Cantone Ticino c. Ufficio federale di Polizia (ricorso di diritto amministrativo)
Regeste
Art. 4, 30 Abs. 1 und 4 IRSG
; schweizerische Auslieferungsbegehren im Hinblick auf den Strafvollzug und entsprechende ausländische Gesuche, die unter das IRSG fallen: Grundsatz der Verhältnismässigkeit.
Schweizerische Auslieferungsbegehren zum Zwecke des Strafvollzugs und entsprechende ausländische Gesuche, die ausschliesslich unter das IRSG fallen, müssen verhältnismässig sein; die Verhältnismässigkeit hängt von der Dauer der noch zu verbüssenden und nicht von der ursprünglich verhängten Strafe ab.
Die Beantwortung der für die Bundesbehörden massgeblichen Frage, ob die Dauer der noch nicht verbüssten Strafe oder die Zeit, die der Verurteilte, falls verhaftet und ausgeliefert, noch effektiv im Gefängnis zu verbringen hätte, entscheidend ist, hängt von den konkreten Umständen des Einzelfalles ab.
X., cittadino francese domiciliato ad Atene, è stato condannato per delitti contro il patrimonio e di falso. In carcere dal 12 dicembre 1981, egli avrebbe integralmente scontato la pena l'11 dicembre 1985. Con decisione del 15 giugno 1984 il Consiglio di vigilanza del Cantone Ticino stabili che X. sarebbe stato liberato condizionalmente l'11 agosto 1984 alle ore 09.00. A partire dall'11 maggio 1984 X., collocato in carcere aperto, aveva potuto usufruire di più congedi, terminati i quali rientrava in carcere regolarmente. Il 9 agosto 1984 egli ha di nuovo beneficiato di un congedo che sarebbe scaduto il 10 agosto 1984 alle ore 23.00. Da questo congedo X. non è rientrato ed ha lasciato il territorio elvetico senza più far ritorno all'istituto di detenzione.
Il Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino ha chiesto all'UFP di provvedere alla pubblicazione di un ordine internazionale di arresto nei confronti di X. per l'espiazione della pena residua.
Fondandosi sugli art. 17 cpv. 2 e 30 cpv. 4 AIMP, l'Ufficio federale di polizia ha rifiutato di dar seguito alla richiesta. A mente dell'autorità federale, ritenuto che se fosse rientrato in carcere, X. sarebbe stato liberato dopo dieci ore, l'importanza del reato non giustificherebbe la messa in funzione di un dispositivo internazionale di ricerche e una procedura di estradizione. D'altronde, un'estradizione non verrebbe accordata dalla Francia; un'estradizione dagli Stati Uniti sarebbe sproporzionata, in considerazione delle ingenti spese che essa comporterebbe e che andrebbero accollate al Cantone richiedente.
Il Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino ha impugnato questa decisione con ricorso di diritto amministrativo, chiedendo ch'essa sia annullata e che l'UFP venga invitato a procedere alla pubblicazione del mandato internazionale d'arresto. A sostegno della richiesta il Dipartimento
BGE 112 Ib 59 S. 61
cantonale fa valere che la pena non scontata, la liberazione condizionale non essendo intervenuta, comporta ancora un anno e quattro mesi; che, se la decisione impugnata dovesse esser confermata, essa avrebbe per conseguenza di indurre numerosi stranieri espellendi, in particolare cittadini italiani, che temono di esser giudicati nel loro Paese per reati valutari evidenziati nell'ambito del processo svizzero, a seguire l'esempio e a non rientrare dal congedo.
Considerando in diritto:
2.
L'UFP è competente per la presentazione, su richiesta dell'autorità cantonale, di domande di estradizione o di assunzione del perseguimento penale o dell'esecuzione (
art. 30 cpv. 2 AIMP
). In virtù dell'
art. 30 cpv. 4 AIMP
esso può prescindere dal presentare una domanda "se l'importanza del reato non giustifica l'attuazione del procedimento". Questa condizione è ricalcata su quella posta dall'
art. 4 AIMP
, che impone di respingere domande di assistenza se l'importanza del reato non giustifica l'attuazione del procedimento: la relazione tra le domande estere e quelle da presentare dalla Svizzera è inoltre assicurata dal capoverso primo dello stesso
art. 30 AIMP
, che fa divieto alle autorità svizzere di presentare domande cui esse, nell'inverso caso, non potrebbero dar seguito giusta la stessa AIMP.
a) Trattandosi dell'estradizione per il perseguimento di un'infrazione, l'AIMP - in appoggio alla CEEstr, art. 2 par. 1, prima frase - esige che il reato sia passibile di una sanzione restrittiva della libertà per un massimo di almeno un anno o di una sanzione più severa: il criterio è quindi, come nella Convenzione europea, quello della pena edittale.
Per l'estradizione di una persona in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza già pronunciata, la Convenzione europea di estradizione si basa sulla sanzione inflitta ("la sanction prononcée", cfr. art. 2 par. 1, seconda frase) ed esige ch'essa sia di almeno quattro mesi. Nessuna norma è invece contenuta a questo proposito nell'AIMP. L'omissione non è casuale o dovuta ad una svista, ma voluta. Nel messaggio del Consiglio federale (pag. 19) si avvertiva che l'
art. 3 cpv. 4 del
disegno, in virtù del quale la domanda "poteva" esser respinta se l'importanza del fatto non giustificava l'attuazione del procedimento, era volto a garantire nel migliore dei modi la proporzionalità dell'intervento nella libertà personale. Il messaggio aggiungeva testualmente:
BGE 112 Ib 59 S. 62
"in tali condizioni, una disposizione speciale sull'estradizione
intesa all'esecuzione della pena sarebbe (recte "è" cfr. l'"erübrigt
sich" del testo tedesco) superflua. Va da sé che l'estradizione non può
più esser considerata proporzionale quando la privazione della libertà
che deve ancora essere scontata è di durata inferiore ai tre mesi. Solo
questo può esser decisivo e non, come nella Convenzione europea,
l'estensione della sanzione inflitta."
Davanti alle Camere, queste considerazioni del Consiglio federale non diedero luogo a particolari interventi: tuttavia, il Consiglio degli Stati trasformò in un articolo a sé stante (art. 3a, poi divenuto l'attuale art. 4) il cpv. 4 dell'
art. 3 del
disegno del Consiglio federale, e gli conferì l'attuale versione imperativa ("la domanda è respinta..."), notando che in quella e nelle altre disposizioni poi modificate si trattava di ancorare in modo generale il principio di proporzionalità (Boll.Uff. Consiglio degli Stati, 29 novembre 1977, rel. Schlumpf). Dagli art. 4, 30 cpv. 1 e 30 cpv. 4 AIMP interpretati alla luce dei lavori legislativi si deve quindi trarre la conclusione che, per quanto riguarda le domande svizzere relative all'esecuzione di una pena e le corrispondenti domande straniere che siano rette esclusivamente dall'AIMP, determinante per giudicare circa la proporzionalità della domanda è la durata della sanzione che resta ancora effettivamente da espiare, e non quella della sanzione inflitta. Da questa situazione deriva che, in applicazione del diritto interno, la Svizzera può trovarsi nella situazione di dover rinunciare a presentare ad uno Stato estero delle domande di estradizione che - le fossero in contrario senso sottoposte da uno Stato estero firmatario della CEEstr - essa dovrebbe invece ammettere in applicazione dell'
art. 1 cpv. 1 AIMP
e 2 cpv. 1 seconda frase CEEstr.
b) Ciò premesso, atteso che, per decidere circa l'avvio dei passi che - una volta localizzata la persona ricercata - dovrebbero sfociare nella presentazione di una domanda d'estradizione, non fa stato la sanzione inflitta (quattro anni di reclusione), ma quella che resta da espiare, la sorte del ricorso dipende dalla questione di sapere se si debba prendere in considerazione la durata della pena che non è ancora stata espiata (un anno, quattro mesi), oppure il periodo che X., fosse ripreso ed estradato, dovrebbe ancora effettivamente trascorrere in carcere.
La risposta a questo quesito non può esser data in modo generico, ma deve tener conto delle peculiarità del caso concreto.
c) È pacifico che, se fosse rientrato alle ore 23.00 del 10 agosto 1984 dal congedo che gli era stato accordato, X. avrebbe dovuto
BGE 112 Ib 59 S. 63
esser liberato il mattino seguente 11 agosto alle ore 9.00 per esser espulso verso un Paese di sua scelta (cfr.
DTF 110 IV 6
segg.;
DTF 103 Ib 22
), in virtù della decisione di liberazione condizionale presa il 15 giugno 1984 dal competente Consiglio di vigilanza. Nulla vieta di ammettere che - dal momento che la Francia aveva espressamente ritirato una domanda di estradizione a suo tempo presentata contro di lui siccome manifestamente infondata - egli sarebbe stato espulso verso il suo Paese d'origine, nel quale, per quanto consta dagli stessi atti prodotti dall'autorità ticinese, egli si è d'altronde spontaneamente recato, attuando concretamente la decisione d'espulsione. Se si considerano le cose sotto questo punto di vista, se ne deve concludere - con l'UFP - che X. si è effettivamente sottratto all'espiazione della pena per lo spazio di una sola notte e non ha sostanzialmente violato la decisione d'espulsione.
È vero tuttavia che - da un lato - la decisione di liberazione condizionale presa il 15 giugno 1984 dalla competente autorità cantonale non ha potuto essere eseguita, onde X. non può essere considerato puramente e semplicemente alla stregua di una persona liberata condizionalmente, e che - d'altro lato - detta decisione del 15 giugno 1984 è stata successivamente annullata dal Consiglio di vigilanza con revoca del 3 ottobre 1984. L'UFP nelle sue osservazioni rileva che questa decisione è stata verosimilmente emanata senza indire un contraddittorio: per vero dire, non si vede come un'audizione avrebbe potuto esser indetta; la questione non merita, tuttavia, di esser approfondita, dal momento che il Consiglio di vigilanza non ha puramente e semplicemente rifiutato il beneficio della liberazione condizionale, ma ha espressamente rilevato (disp. 2) che una nuova decisione su questo punto interverrà non appena il ricercato sarà reintegrato in un carcere elvetico. In simili condizioni, chiamato a pronunciarsi ai sensi degli
art. 4 e 30 cpv. 4 AIMP
sull'attuazione della procedura nelle circostanze concrete, l'UFP poteva - senza ledere il diritto federale - ammettere in via pregiudiziale che la mancanza disciplinare commessa da X. con il non essersi presentato al carcere per trascorrervi l'ultima breve notte non potrebbe in nessun caso avere per conseguenza quella di negargli puramente e semplicemente il beneficio della liberazione condizionale, di cui egli il 15 giugno precedente era stato ritenuto meritevole, e di obbligarlo a trascorrere in carcere ancora un anno e quattro mesi. Una simile conseguenza sarebbe manifestamente inammissibile con riferimento alle disposizioni contenute nell'
art. 38 cpv. 4 CP
in relazione alla ricollocazione in stabilimento del liberato in caso di nuovo condanne, di
BGE 112 Ib 59 S. 64
trasgressione delle norme di condotta imposte o di insofferenza del patronato; essa contraddirebbe inoltre le considerazioni svolte dal Tribunale federale nell'assai analogo caso Ambrosio c. Consiglio di vigilanza (sent. inedita 11 gennaio 1984, consid. 4).
Senza lesione del diritto federale l'UFP poteva giungere alla conclusione che l'episodio di indisciplina in nessun caso avrebbe giustificato un prolungamento della permanenza in carcere di parecchi mesi, ma al più di qualche settimana. In simili circostanze, in applicazione degli
art. 4 e 30 cpv. 1 e 4 AIMP
l'UFP era legittimato e tenuto di rifiutare l'avvio del procedimento per l'insufficienza della pena ancora da scontare.
d) Per i suesposti motivi il ricorso dell'autorità cantonale deve essere respinto, non potendosi ravvisare nella decisione dell'UFP una violazione del diritto federale. Per evitare equivoci, va tuttavia sottolineato che il Tribunale federale giunge a questa conclusione sulla scorta delle circostanze concrete del caso e senza pronunciarsi definitivamente sulla questione se - nel silenzio della legge - ci si debba basare in ogni caso, per decidere in merito alla presentazione di una domanda d'estradizione, unicamente sul residuo di pena effettivamente da scontare, né sulla questione se - come sostenuto dall'UFP ma avversato dall'autorità cantonale - si giustifichi di sottoporre i condannati ad un'espulsione esecutiva ad un regime carcerario più severo per evitare ogni rischio di fuga. Ogni decisione a questo proposito - in considerazione delle legittime preoccupazioni dell'autorità cantonale preposta all'esecuzione delle pene - resta riservata.