BGE 115 IV 121 vom 14. April 1989

Datum: 14. April 1989

Artikelreferenzen:  Art. 238 CPP, Art. 21 CP, Art. 22 CP, Art. 65 CP, Art. 139 CP, Art. 260 CP , Art. 260bis Abs. 2 StGB, Art. 260bis StGB, art. 21 cpv. 2 CP, art. 22 cpv. 2 CP, art. 260bis cpv. 1 CP, art. 21 CP, art. 21 cpv. 1 CP, art. 238 CPP, art. 260 bis cpv. 2 CP, art. 260 bis CP, art. 22 CP, art. 139 n. 1 CP, art. 65 CP, art. 277bis cpv. 1 PP

BGE referenzen:  83 IV 1, 108 IV 104, 118 IV 366, 132 IV 127 , 83 IV 1, 111 IV 149, 108 IV 104

Quelle: bger.ch

Urteilskopf

115 IV 121


28. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale del 14 aprile 1989 nella causa Procura pubblica sottocenerina c. A. e B. (ricorso per cassazione)

Regeste

Strafbare Vorbereitungshandlungen; Rücktritt ( Art. 260bis Abs. 2 StGB ).
Der (unvollendete) Versuch strafbarer Vorbereitungshandlungen ist nicht strafbar (E. 2d).
Einen vollendeten Versuch kann es insoweit nicht geben, da strafbare Vorbereitungshandlungen im Sinne von Art. 260bis StGB schlichte Tätigkeitsdelikte sind (E. 2d).
Der Rücktritt aus eigenem Antrieb gemäss Art. 260bis Abs. 2 StGB bezieht sich auf die strafbare Vorbereitungshandlung und nicht auf die Ausführung der geplanten Haupttat; Voraussetzungen des Rücktritts (E. 2).
Erfordernis des Handelns aus eigenem Antrieb; Begriff (E. 2h).
Im konkreten Fall sind die Angeschuldigten entweder nicht von strafbaren Vorbereitungshandlungen im Sinne von Art. 260bis StGB zurückgetreten oder erfolgte dies nicht aus eigenem Antrieb (E. 3).

Sachverhalt ab Seite 122

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Con sentenza del 5 febbraio 1988 la Corte delle assise criminali del Cantone Ticino dichiarava A. e B. colpevoli di tentata rapina e di rapina consumata, entrambe aggravate perché commesse in banda e con armi pericolose, di atti preparatori punibili di rapina e di altri reati minori.
Per quanto concerne gli atti preparatori punibili di rapina, trattavasi di due episodi, ai quali avevano partecipato A. e B., e di un episodio ulteriore, a cui aveva partecipato solamente A. Le circostanze di tali episodi possono essere riassunte come segue.
A. Stazione di servizio di St.
Alla fine del 1984/inizio del 1985 A. ideava, unitamente a tale Rino, una rapina a danno della stazione di servizio di St. Essi effettuavano due sopralluoghi e pianificavano l'operazione. Un venerdì sera si appostavano per l'esecuzione, muniti di una pistola scacciacani e di un passamontagna. Per mancanza di coraggio non passavano tuttavia all'azione, rinviando quest'ultima alla settimana successiva. Essi non s'incontravano tuttavia più.
B. Migros di S.
Nell'estate 1986 A. si accordava con C. e con B. per sottrarre denaro al portavalute della Migros di S. C., che era stato magazziniere della Migros e conosceva modalità e abitudini della consegna del denaro in banca. Il progetto dei tre prevedeva di avvicinare, anch'essi su un motoveicolo, il portavalori, d'intimorirlo con una pistola scacciacani, di neutralizzarlo e stordirlo con un anestetico e di ritrovarsi poi da C. A. e C. seguivano una volta il portavalori mentre si recava in banca, ma lo perdevano di vista nel centro di Lugano. Per una lite sorta a proposito di una donna tra A. e C., questi rompeva ogni contatto, minacciando di avvertire la polizia se gli altri due avessero consumato la rapina per conto loro. A. ha attribuito la rinuncia all'esecuzione del piano
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esclusivamente al timore di C. di essere sospettato e all'arrivo in ritardo di B. al secondo pedinamento previsto; i giudici di prima istanza hanno nondimeno accertato che la rinuncia fu dovuta principalmente all'atteggiamento di C.
C. Ufficio postale di D.
Nell'autunno 1986 A. ideava di compiere una rapina presso l'ufficio postale di D. Egli rivelava questo suo piano a B. A. si sarebbe, secondo tale piano, munito di una pistola scacciacani o di un coltello non ancora acquistato; mentre B. avrebbe intrattenuto con un pretesto il funzionario postale, A. avrebbe aggredito quest'ultimo e lo avrebbe fatto entrare nell'ufficio, dove lo avrebbe legato o solo rinchiuso, interrompendo altresì la linea telefonica. Ambedue effettuavano insieme più appostamenti pomeridiani e serali, dietro la siepe del bagno pubblico, pedinavano due volte il funzionario postale e A. eseguiva un'ispezione all'interno, per sorvegliare le mosse e gli incombenti del funzionario, allo scopo di determinare l'orario più conveniente, a fine mese, quando presumibilmente vi era il denaro delle paghe. Finalmente rinunciavano all'esecuzione, perché A. aveva visto il furgone blindato, sul quale immaginava che venisse caricato il denaro, per cui ritenne che non valesse la pena di correre rischi per una modesta refurtiva.
Adita da A., la Corte di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino (CCRP) accoglieva parzialmente il gravame, nel senso che esentava da pena per desistenza A. e, in virtù dell'estensione stabilita dall' art. 238 CPP /TI, anche B., con riferimento agli atti preparatori punibili di rapina sopra menzionati.
Con tempestivo ricorso per cassazione la Procura pubblica sottocenerina è insorta contro la sentenza della CCRP, chiedendo che essa sia annullata e che la causa sia rinviata alla CCRP perché dichiari A. e B. colpevoli anche degli atti preparatori punibili di rapina sopra evocati. Il Tribunale federale ha accolto il ricorso.

Erwägungen

Dai considerandi di diritto:

2. Ai sensi dell' art. 260 bis cpv. 2 CP , è esente da pena "chi spontaneamente desiste dal consumare un atto preparatorio".
a) Questa disposizione è stata inserita nel codice penale in seguito alla revisione del 1981 relativa agli atti di violenza
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criminale. Già il progetto preliminare della commissione peritale conteneva una disposizione sugli atti preparatori punibili che prevedeva anche il caso della desistenza. In base ai risultati della procedura di consultazione, il Consiglio federale aveva peraltro rinunciato a recepire nel proprio disegno la disposizione relativa agli atti preparatori punibili (v. Messaggio del 10 dicembre 1979, in FF 1980 I 1032 segg.). Essa veniva nondimeno recuperata dalla Commissione del Consiglio nazionale.
Nel Consiglio nazionale era infine approvata, per quanto concerne la formulazione dell'attuale art. 260bis CP , la proposta Petitpierre. In base a tale proposta, il cpv. 2 di tale articolo recitava: "Celui qui, de son propre chef, aura renoncé à son activité illicite sera exempté de toute peine" ("Tritt der Täter aus eigenem Antrieb von der strafbaren Handlung zurück, so bleibt er straflos"). Il Consiglio degli Stati sostituiva, nel testo tedesco, il termine di "strafbare Handlung" (in francese: "activité illicite") con "Vorbereitungshandlung" (in francese: "acte préparatoire"), analogamente a quanto proposto originariamente dalla commissione peritale e dalla Commissione del Consiglio nazionale. Nella procedura di eliminazione delle divergenze, in cui si decise di riprendere, per il resto, la formulazione contenuta nell' art. 21 cpv. 2 CP , dato che il testo francese non era soddisfacente, il Consiglio nazionale diede il suo accordo perché "strafbare Handlung" ("activité illicite") fosse sostituito da "Vorbereitungshandlung" ("activité préparatoire"). (v. Boll.uff. 1980 CN 1655 segg.; 1981 CS 281 segg., CN 966, CS 373).
b) Dalla genesi del cpv. 2 dell' art. 260 bis CP risulta che il legislatore ha voluto prevedere l'esenzione da pena solo per la desistenza da atti preparatori punibili, non invece per la rinuncia all'esecuzione del reato progettato. Il testo della proposta Petitpierre, dal quale sarebbe stato possibile dedurre un'interpretazione in quest'ultimo senso, è stato espressamente respinto. Lo scopo della punibilità degli atti preparatori diverrebbe d'altronde illusorio ove già la non esecuzione del reato progettato bastasse a mandare l'agente esente da pena. Se l'esecuzione del reato progettato ha luogo, gli atti preparatori punibili sono, di regola, assorbiti nella consumazione di tale reato ( DTF 111 IV 149 e richiami); se non ha luogo, l'agente che non abbia ancora iniziato l'esecuzione del reato progettato, andrebbe sempre esente da pena. In altri termini, l'agente potrebbe tranquillamente preparare reati di violenza criminale, senza essere incomodato dal giudice penale,
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purché non cominci l'esecuzione di detti reati. Tale non può essere la volontà del legislatore.
Esattamente ha quindi, in linea di principio, giudicato la CCRP nella propria decisione pubblicata nel Repertorio di giurisprudenza patria vol. 118 (1985) pag. 193 (v. anche Rechtsprechung in Strafsachen 1986 n. 51 pag. 28), allorché ha tenuto fermo che la desistenza spontanea ai sensi dell' art. 260bis cpv. 2 CP si riferisce all'atto preparatorio e non all'esecuzione del reato progettato, poiché in quest'ultimo caso sarebbe ravvisabile un inizio dell'esecuzione del reato progettato, e quindi un tentativo dello stesso.
c) La formulazione dell' art. 260bis cpv. 2 CP si è ispirata fortemente all' art. 21 CP . La sua interpretazione va quindi fatta, in linea di principio, tenendo presenti la giurisprudenza e la dottrina in materia di reato tentato [in questo senso, SCHULTZ, in RPS 101 (1984) pagg. 136/137, e STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht, Parte speciale II pag. 216 in alto].
Ciò vale senza restrizioni per la nozione "spontaneamente", che appare anche negli art. 22 cpv. 2 e 308 cpv. 1 CP (v. infra lett. h).
Per decidere se l'agente "abbia desistito dal consumare un atto preparatorio" dev'essere tenuto presente lo speciale carattere della fattispecie legale degli atti preparatori punibili: l'atto preparatorio punibile è stato infatti eretto a reato indipendente, benché sia di per sé soltanto un atto compiuto in vista dell'esecuzione di un reato che appare rispetto ad esso come principale (v. STRATENWERTH, op.cit., pag. 215 in basso).
d) Poiché l' art. 260bis CP ha per oggetto solo atti preparatori destinati alla commissione dei reati principali enumerati nel cpv. 1, la desistenza da tali atti va necessariamente giudicata in modo diverso dalla desistenza da un reato tentato ai sensi dell' art. 21 CP . L' art. 21 cpv. 2 CP non esenta da pena solo chi desiste da un tentativo di atti preparatori punibili. Purché si tratti solo di un tentativo nella forma prevista dall' art. 21 CP (reato tentato), la dottrina ammette a ragione che esso, riferito agli atti preparatori punibili, non è in nessun caso punibile, perché altrimenti sarebbero punibili precisamente atti preparatori che l' art. 260bis CP non ha voluto considerare, perché relativi ad uno stadio troppo lontano e dal reato principale consumato ed altresì (ancora) dal reato principale tentato [cfr. STRATENWERTH, op.cit., pag. 216 n. 14, Parte generale I pag. 273 n. 6, SCHULTZ, op.cit., pag. 135, e GUNTHER ARZT, in RPS 100 (1983) pagg. 274/275].
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La desistenza da atti preparatori punibili tentati è, di conseguenza, inconcepibile.
Nell' art. 260bis cpv. 2 CP sono disciplinate simultaneamente, da un lato, la desistenza da un reato principale, dall'altro anche la desistenza dal reato a se stante costituito dagli atti preparatori punibili. Tale peculiarità fa si che la fattispecie legale dell' art. 260bis CP dev'essere sempre adempiuta, perché possa porsi la questione di una desistenza dell'agente. Se infatti l'agente effettua soltanto atti preparatori generici, questi non sono comunque punibili; lo stesso vale, come detto sopra, se egli si limita a tentare l'esecuzione di atti preparatori punibili. Una forma di reato mancato ai sensi dell' art. 22 CP , riferito agli atti preparatori punibili, è inoltre esclusa, dato che il reato contemplato dall' art. 260bis cpv. 1 CP è un reato di pura condotta ("Tätigkeitsdelikt"), che è consumato già con la condotta prevista dalla fattispecie legale.
Da tali considerazioni discende che neppure è concepibile la situazione iniqua evocata da SCHWENTER [in RPS 100 (1983) pagg. 296/297] e dal resistente A. nelle proprie osservazioni sul ricorso, secondo cui sarebbe punibile malgrado desistenza - per (una pretesa) inapplicabilità dell' art. 260bis cpv. 2 CP - l'agente che abbia consumato la fattispecie legale degli atti preparatori punibili, mentre andrebbe esente da pena, ai sensi dell' art. 21 cpv. 2 CP , l'agente che abbia desistito dopo essere andato oltre tale fase e dopo aver già iniziato, senza terminarli, gli atti necessari alla consumazione del reato principale ( art. 21 cpv. 1 CP ).
e) In base a quanto sopra esposto, la questione dell'esenzione da pena ai sensi dell' art. 260bis cpv. 2 CP si pone soltanto se gli atti preparatori punibili di cui al cpv. 1 dello stesso articolo siano stati compiuti (così anche SCHUBARTH, Komm. zum schweizerischen Strafrecht, Parte speciale III ad art. 183 n. 80). La formulazione contenuta nell'art. 21 cpv. 2 "desista ... dal consumare un reato iniziato", significa che il reato tentato non dev'essere stato consumato. Nella desistenza da atti preparatori punibili ciò non significa tuttavia che detti atti non debbano ancora essere stati consumati, perché altrimenti, come già rilevato, l' art. 260bis cpv. 2 CP non potrebbe mai essere applicato. Nell'ispirarsi al testo dell' art. 21 cpv. 2 CP , il legislatore non è stato molto felice. Già si è accennato come la soluzione da lui scelta è dipesa unicamente dal fatto che la traduzione francese del testo ordinario "Tritt der Täter ... zurück" con "Celui qui ... aura
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renoncé" non soddisfaceva. Con la modifica allora operata, il legislatore non intendeva affatto limitare le possibilità di desistere. Trattandosi di una desistenza di tipo particolare, appare manifesto che il testo originario dell'attuale cpv. 2 dell' art. 260bis CP , quale proposto dalla commissione peritale, era più preciso.
Neppure può farsi capo senz'altro all' art. 22 cpv. 2 CP per determinare i presupposti della desistenza dagli atti preparatori punibili. Infatti, come si è detto testé, il reato mancato di atti preparatori punibili, ossia, concretamente, atti preparatori punibili mancati, sono inconcepibili.
f) Per stabilire i presupposti della desistenza di cui all' art. 260bis cpv. 2 CP giova, quando gli atti preparatori punibili siano compiuti, invece considerare quel reato come un reato di pericolo e, pur costituendo un reato autonomo, esaminarlo in relazione con il reato principale, alla cui consumazione esso è diretto. Gli atti preparatori punibili creano il pericolo astratto della consumazione del reato principale; la desistenza deve porre fine a questo pericolo. Può in questo senso parlarsi di una certa analogia con la disciplina stabilita nell' art. 22 cpv. 2 CP sul pentimento attivo. Il principio ivi contenuto è particolarmente consono alla funzione e allo scopo del nuovo reato stabilito con l' art. 260bis CP , destinato in primo luogo a prevenire la commissione dei reati di violenza a cui si riferisce. Se l'agente, dopo aver compiuto "tutti gli atti necessari alla consumazione" del reato di cui all' art. 260bis cpv. 1 CP , ha con la sua desistenza "spontaneamente impedito l'evento o contribuito ad impedirlo", intendendo qui come "evento" la consumazione del reato principale, egli va esente da pena. In altri termini, sotto il profilo dell'applicazione analogica dell' art. 22 cpv. 2 CP , il reato di atti preparatori punibili viene considerato come se fosse - ma ovviamente non lo è - il reato principale mancato. Per tale ragione, ove si abbia a decidere su cosa l'agente debba fare spontaneamente per poter beneficiare dell' art. 260bis cpv. 2 CP , l' art. 22 cpv. 2 CP può ricevere un'applicazione soltanto analogica.
Laddove l'agente non abbia realizzato l'intero piano degli atti preparatori, ma abbia ugualmente adempiuto la fattispecie legale di cui all' art. 260bis cpv. 1 CP (ossia abbia compiuto almeno uno degli atti preparatori punibili ivi descritti), può procedersi, per quanto concerne la desistenza, all'applicazione analogica dell' art. 21 cpv. 2 CP , dato che in quel caso si può far ricorso, "mutatis mutandis", e solo ai fini di stabilire l'analogia, alla figura
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del "reato principale tentato" quale reato iniziato ai sensi di questa disposizione.
g) Nello stesso modo in cui il pentimento attivo secondo l' art. 22 cpv. 2 CP non può essere ammesso, ove l'agente si sia limitato a non agire ulteriormente (STRATENWERTH, op.cit., Parte generale I pag. 302), non è sufficiente per ammettere una desistenza ai sensi dell' art. 260bis cpv. 2 CP che l'agente semplicemente si limiti a non commettere il reato principale. Tale risultato dell'applicazione analogica dell' art. 22 cpv. 2 CP è conforme a quanto esposto nel presente considerando sotto la lett. b. In quanto abbia dato esecuzione all'intero piano degli atti preparatori, l'agente deve dimostrare di non essere disposto a passare all'esecuzione del reato principale, vuoi, per esempio, revocando certi preparativi (per es. gettando via gli strumenti che s'era procurato), vuoi compiendo in altro modo atti da cui risulti che egli intende rendere impossibile o almeno particolarmente ardua la commissione del reato principale. Soltanto in tal guisa egli impedisce l'evento (rappresentato dal reato principale) o contribuisce ad impedirlo.
In quanto non abbia ancora dato esecuzione all'intero piano degli atti preparatori, è sufficiente, per ammettere la desistenza, che egli spontaneamente rinunci ad eseguirne una parte essenziale (cfr. STRATENWERTH, op.cit., Parte generale I pag. 299, per ciò che concerne la desistenza dal reato tentato).
h) Perché la desistenza sia rilevante ai sensi dell' art. 260bis cpv. 2 CP , occorre che essa abbia luogo "spontaneamente". In diritto svizzero, la dottrina e la giurisprudenza si sono occupate della nozione del carattere spontaneo specialmente in relazione con la desistenza dal reato tentato ( art. 21 cpv. 2 CP : DTF 83 IV 1 ; STRATENWERTH, op.cit., Parte generale I pagg. 300-301; SCHULTZ, Einführung in den Allg. Teil des Strafrechts, I, 274; NOLL, Schw. Strafrecht, Allg. Teil, I, 153; SCHWANDER, Das schw. Strafgesetzbuch, 119, n. 245a). Di particolare interesse sono le esaurienti conclusioni, valide anche in diritto svizzero, a cui sono pervenute al proposito la giurisprudenza e la dottrina della Repubblica federale di Germania (nelle cui disposizioni penali corrispondenti il carattere spontaneo è descritto con il termine di "freiwillig": v. al riguardo SCHÖNKE/SCHRÖDER/ESER, Strafgesetzbuch, Kommentar ad § 24 n. 44 e 57). Così suole essere ammesso il carattere spontaneo, quando la desistenza si fondi su motivi indipendenti dalla situazione concreta e non appaia dettata da
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circostanze esterne. Ciò è il caso ove l'agente, senza che l'esecuzione obiettiva sia divenuta particolarmente difficile, risolva di rinunciarvi per motivi interni (come vergogna, rimorsi, compassione o paura di delinquere); tali motivi interni possono nondimeno essere sorti anche in seguito a circostanze esterne (come, ad es., le invocazioni della vittima o le riserve manifestate da un compartecipe). La giurisprudenza germanica ha considerato spontanea la desistenza dovuta tra l'altro a: timore della pena; vergogna; altre inibizioni interne, come paura, ecc.; assenza di coraggio; fatto d'essere stato convinto da altri a rinunciare all'esecuzione. Non spontanea è stata, per converso, ritenuta la desistenza causata tra l'altro da: impossibilità dell'esecuzione, salvo che essa non fosse nota all'agente; danneggiamento della cosa di cui l'agente voleva appropriarsi; non conformità alle aspettative delle cose incontrate dall'agente; timore che la via di scampo sia impedita; fatto che la vittima ha riconosciuto l'agente o che presta in modo inatteso vigorosa resistenza; stato di shock che rende impossibile la prosecuzione del reato.

3. Nei tre episodi di cui trattasi, i resistenti o non hanno compiuto alcun atto che obiettivamente possa essere interpretato come desistenza nel senso sopra esposto dagli atti preparatori punibili, oppure non li hanno compiuti spontaneamente.
a) L'episodio relativo alla stazione di servizio a St. è caratterizzato dal fatto che, in realtà, non s'è trattato colà, come ritenuto dai giudici di prima istanza, di semplici atti preparatori punibili, bensì di un vero e proprio tentativo di rapina, come d'altronde adombrato da quegli stessi giudici. Poiché la Procura pubblica non ha nel suo ricorso chiesto che i fatti di tale episodio siano qualificati come rapina tentata e s'è espressamente limitata a chiedere una condanna dei resistenti per atti preparatori punibili, il divieto della "reformatio in pejus" non consente alla Corte di cassazione del Tribunale federale di rinviare la causa all'autorità cantonale perché, ove il diritto cantonale lo consenta, giudichi nuovamente su questo punto secondo una corretta imputazione. La questione appare d'altronde nella fattispecie sprovvista di grande rilevanza pratica. La rapina semplice, ai sensi dell' art. 139 n. 1 CP , è punita con la reclusione o la detenzione non inferiore a sei mesi; essendo stata realizzata solo nella forma del tentativo ( art. 21 cpv. 1 CP ), sarebbe eventualmente possibile un'attenuazione della pena che, secondo l' art. 65 CP , ridurrebbe la reclusione alla detenzione da sei mesi a cinque anni, e la detenzione con una
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speciale durata minima, alla detenzione. D'altro canto, l' art. 260bis cpv. 1 CP commina per gli atti preparatori punibili la reclusione fino a cinque anni o la detenzione. È verosimile che, nelle concrete circostanze, ai fini di determinazione della pena complessiva, la gravità dell'elemento costituito dall'episodio di cui trattasi vada ritenuta più o meno la stessa, sia considerandolo rapina tentata, sia considerandolo solamente come atti preparatori punibili di rapina.
Per giudicare su questo episodio sotto il profilo della desistenza da atti preparatori punibili di rapina, va rilevato che, secondo gli accertamenti dei primi giudici, l'ultimo dei sopralluoghi era stato effettuato per preparare l'esecuzione della rapina. Dopo aver concluso la pianificazione di questo reato, i resistenti, appostatisi per la sua esecuzione, la rinviavano ad altro momento; la rapina non ebbe poi luogo soltanto perché i resistenti non ebbero più occasione d'incontrarsi. In tali circostanze, non si è avuta una desistenza, bensì soltanto una non esecuzione del reato principale, ciò che esclude, già dal punto di vista obiettivo, la possibilità di beneficiare dell' art. 260bis cpv. 2 CP . Mancherebbe d'altronde comunque anche il requisito soggettivo; i resistenti non hanno infatti rinunciato allora alla rapina divisata, ma ne hanno soltanto rinviata l'esecuzione, essendo stati colti da momentanea paura. In tale situazione non si potrebbe in alcun modo parlare di una desistenza avvenuta spontaneamente.
b) Per quanto concerne l'episodio relativo alla Migros di S., i resistenti avevano, in un pedinamento effettuato per conoscere il presumibile itinerario della vittima, perduto di vista quest'ultima; poi, gli atti preparatori ulteriori previsti, come il procacciamento dell'anestetico, non furono più compiuti, perché uno dei compartecipi decise di non collaborare più al piano criminoso e minacciò gli altri di denuncia per il caso che l'avessero eseguito. Secondo gli accertamenti dell'autorità cantonale, vincolanti per la Corte di cassazione del Tribunale federale ( art. 277bis cpv. 1 PP ), quest'ultimo motivo fu quello che indusse i resistenti a non proseguire l'esecuzione del loro piano. Poiché essi non avevano ancora eseguito una parte essenziale del piano preparatorio, pur avendo già compiuto determinati atti preparatori punibili, sono adempiuti in questo caso i presupposti obiettivi della desistenza. Questa non è tuttavia avvenuta spontaneamente, bensì per circostanze esterne, indipendenti dalla volontà dei resistenti ( DTF 108 IV 104 e DTF 83 IV 1 ). L'impossibilità di seguire la vittima
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costituisce una di tali circostanze esterne. Lo stesso vale per il comportamento assunto dal compartecipe dissociatosi. La prima non entra d'altronde neppure in considerazione per valutare la spontaneità della desistenza, dato che i resistenti non rinunciarono definitivamente a causa di essa all'esecuzione del loro piano (cfr. STRATENWERTH, op.cit., Parte generale I pag. 301 n. 71); tale rinuncia ebbe luogo solo più tardi, in seguito all'atteggiamento del terzo compartecipe.
c) Anche nell'episodio concernente l'ufficio postale di D., si è in presenza di una semplice rinuncia a commettere il reato principale (rapina), rinuncia in cui non è ravvisabile una desistenza ai sensi dell' art. 260bis cpv. 2 CP . La rapina era stata preparata in tutti i suoi elementi essenziali. Il fatto che non era ancora stato deciso se dovesse essere utilizzata la pistola scacciacani già disponibile oppure un coltello che doveva ancora essere acquistato è irrilevante. La rinuncia ad eseguire la rapina fu dovuta, secondo gli accertamenti vincolanti dell'autorità cantonale, in modo determinante al fatto che i resistenti scoprirono, durante il loro ultimo sopralluogo, l'esistenza del furgone blindato. Ma anche se si volesse ammettere come data, sotto l'aspetto obiettivo, una desistenza, non ne sarebbero adempiuti i requisiti soggettivi, poiché essa non sarebbe comunque intervenuta spontaneamente. Non costituisce alcun merito per i resistenti aver rinunciato alla rapina esclusivamente per essere il rischio apparso sproporzionato (cfr. STRATENWERTH, op.cit., Parte generale I n. 70 in fine pagg. 300/301).
Da quanto sopra discende che in tutti e tre gli episodi non sono adempiuti i presupposti richiesti dall' art. 260bis cpv. 2 CP . La decisione annullata è quindi lesiva del diritto federale, nella misura in cui ha assolto A. e B. dall'imputazione di atti preparatori punibili. La causa è quindi da rinviare alla CCRP perché li dichiari colpevoli di questo reato.

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