Urteilskopf
116 IV 292
56. Estratto della sentenza del 16 maggio 1990 della Corte di cassazione penale nella causa X. c. Procura pubblica sopracenerina (ricorso di diritto pubblico)
Regeste
Strafzumessung. Überprüfung einer ungerechtfertigten Ungleichbehandlung;
Art. 63 StGB
,
Art. 4 BV
; Rechtsmittel an das Bundesgericht.
Die Strafzumessung erfolgt gemäss
Art. 63 StGB
. Eine ungerechtfertigte Ungleichbehandlung verstösst regelmässig gegen die dort enthaltenen Grundsätze. Die Rüge einer Ungleichbehandlung bei der Strafzumessung ist daher in aller Regel mit eidgenössischer Nichtigkeitsbeschwerde an das Bundesgericht zu erheben. Nur ausnahmsweise kommt insoweit die (subsidiäre) staatsrechtliche Beschwerde in Betracht, z.B. in den äusserst seltenen Fällen, in denen eine nach den in
Art. 63 StGB
festgelegten Kriterien bemessene Strafe zu einer objektiv ungerechtfertigten Ungleichbehandlung führt, die gegen
Art. 4 BV
verstösst.
Con sentenza del 14 aprile 1989 la Corte delle assise criminali del Cantone Ticino, sedente a Bellinzona, riconosceva X. colpevole di violazione aggravata della legge federale sugli stupefacenti, condannandolo a 12 anni di reclusione e all'espulsione dal territorio svizzero per 15 anni.
Adita da X., la Corte di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino (CCRP) ne respingeva il gravame, nella misura in cui era ammissibile.
Con tempestivo ricorso di diritto pubblico X. è insorto avanti il Tribunale federale, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Dai considerandi di diritto:
2.
Nella misura in cui il ricorrente adduce una violazione del precetto dell'uguaglianza di trattamento, intervenuta per essere egli stato condannato ad una pena più rigorosa di quella inflitta o confermata dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino (CCRP) nei confronti, da un lato, del coimputato Y., e, dall'altro, in un diverso procedimento, nei confronti di Z., il gravame è inammissibile. La questione se l'autorità cantonale abbia commisurato correttamente la pena secondo i principi determinanti di cui all'art. 63 CP, ha per oggetto l'applicazione del diritto federale; essa va quindi sollevata con ricorso per cassazione. Ciò vale, di regola, anche quando, per dimostrare un preteso insostenibile rigore della pena irrogatagli, il ricorrente invochi condanne pronunciate dagli stessi giudici, nello stesso od in altri procedimenti in situazioni da lui ritenute analoghe (v. sentenza inedita della Corte di cassazione del 27 febbraio 1989 nella causa A. c. Procura pubblica dei Grigioni, consid. 2). Il principio della parità di trattamento per quanto concerne la commisurazione della pena può essere addotto con il rimedio giuridico sussidiario costituito dal ricorso di diritto pubblico solo in circostanze del tutto eccezionali, in cui appaia che, pur essendo stati rispettati i criteri stabiliti dall'art. 63 CP, sia prospettabile un ingiustificato
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trattamento disuguale. Come costantemente ribadito dalla giurisprudenza (v. da ultimo, sentenza inedita del 27 aprile 1987 della I Corte di diritto pubblico nella causa N. e G. c. Procura pubblica di Zurigo, consid. 2), un confronto tra due casi concreti suole essere in generale infruttuoso, diverse essendo quasi sempre in ognuno di essi le circostanze soggettive ed oggettive che il giudice è tenuto a considerare. Nella fattispecie, la CCRP ha d'altronde illustrato sufficientemente come la posizione del ricorrente si distinguesse da quella di Y. ed ha pure rilevato le differenze con la situazione di Z. Invano quindi si sforza il ricorrente, in particolare evocando passaggi della sentenza pronunciata nei confronti di Z., di dare un'apparenza di fondamento alla censura della disparità di trattamento, censura che, giova ribadirlo, appare già a priori oltremodo problematica in materia di commisurazione della pena.
Ne discende che la censura, insufficientemente motivata in quanto di per sé proponibile, va disattesa come inammissibile.