Urteilskopf
80 II 260
43. Sentenza della la Corte civile del 28 settembre 1954 nella causa Comune di Bellinzona contro Bianchi.
Regeste
Schenkung oder Geschäft mit gegenseitigen Leistungen? (Erw. 2 Abs. 2); Schenkung mit Auflage oder bedingte Schenkung? (Erw. 1 und 2 Abs. 1).
Schenkung mit Auflage (OR Art. 245 ff.). Vollzieht der Beschenkte die Auflage nicht, so kann der Schenker, der nicht den Widerruf der Schenkung geltendmacht, nur Anspruch auf Ersatz desjenigen Schadens erheben, der ihm aus der Nichtvollziehung der Auflage erwachsen ist (Erw. 4).
A.-
Pietro Bianchi, di professione scultore, modellava nella primavera del 1948 una statua raffigurante una giocatrice di pallacanestro. Il 19 agosto 1948, scriveva alla Municipalità di Bellinzona che era sua intenzione "farne dono alla Città di Bellinzona", affinchè venisse posta "sulla colonna sita davanti allo Stadio comunale". Con lettera 3 settembre 1948 la Municipalità di Bellinzona, fatto riferimento all'avvenuta visita della Commissione edilizia per esaminare la statua offerta dallo scultore al Comune "per essere posata all'entrata del nuovo stadio comunale", gli comunicava che accettava il dono. Le autorità comunali ponevano dapprima la statua all'ingresso dell'esposizione cantonale d'agricoltura, poi la lasciavano in deposito nel cortile dell'ufficio tecnico. Con lettera 27 aprile 1950 l'attore ricordava alla Municipalità di Bellinzona l'obbligo assunto di esporre la statua all'entrata dello stadio comunale. In seguito ad ulteriori diffide, il Municipio di Bellinzona gli comunicava di aver deliberato di conservare
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dinanzi allo stadio la situazione immutata; intendeva, per converso, sistemare la statua presso il campo da gioco per la pallacanestro, nel cortile delle scuole nord. L'attore non aderiva a questa soluzione perchè contraria all'obbligazione assunta dal Comune di Bellinzona e lesiva del suo onore e della sua dignità professionale.
Nel frattempo la statua, rimasta nei magazini comunali, si danneggiava - a quanto pare - in seguito all'urto d'un pesante portone, in modo da non poter più essere riparata ed esposta all'aperto.
B.-
Con petizione 31 ottobre 1950 l'attore conveniva il Comune di Bellinzona avanti il Pretore di Bellinzona, chiedendo che fosse condannato a esporre la statua da lui offerta sulla colonna all'entrata del nuovo stadio comunale entro il termine di quindici giorni. Nell'allegato di replica modificava le sue conclusioni: la sola, che qui ancora interessi, è quella volta ad ottenere la condanna del convenuto a pagare all'attore la somma di 15 000 fr. a titolo di risarcimento dei danni morali e materiali.
Il convenuto concludeva per la reiezione del gravame. Con sentenza 9 settembre 1953 il Pretore condannava il convenuto a versare all'attore 5000 fr., di cui 4000 fr. a titolo di danno emergente e 1000 fr. a titolo di lucro cessante. La pretesa di un'indennità per torto morale era respinta.
C.-
Ambo le parti si aggravavano alla Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino che, con sentenza 8 febbraio 1954, confermava il giudizio pretoriale per i seguenti motivi: Il negozio giuridico concluso dalle parti è una vera e propria "donazione condizionata". La condizione a carico del Comune era costituita dall'obbligo di esporre la statua all'ingresso dello stadio comunale. Trattandosi d'una donazione manuale, il donante avrebbe potuto revocare la donazione e farsi restituire la cosa donata, avendo il donatario lasciato inadempiuto l'onere della donazione (art. 249 cp. 3 CO). Data la sopravvenuta impossibilità di restituire la cosa, il Comune - il quale
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non ha nemmeno tentato di provare che nè i propri organi nè il proprio personale ausiliario non avevano avuto colpa alcuna nel danneggiamento della statua - deve risarcire allo scultore il valore commerciale della stessa, stimato dal perito giudiziale arch. Tami a 4000 fr. Il convenuto deve inoltre risarcire all'attore il lucro cessante per la mancata posa della statua davanti allo stadio comunale, rettamente valutato dal Pretore in 1000 fr., il che appare tanto più equo, in quanto nel comportamento del Comune non si ravvisa solamente un inadempimento contrattuale (art. 246 cp. 1 e 97 CO combinati), bensì pure un vero e proprio atto illecito a'sensi dell'
art. 41 sgg
. CO.
D.-
Il Comune di Bellinzona ha interposto tempestivamente ricorso per riforma contro la sentenza della seconda giurisdizione cantonale, chiedendone l'annullamento e la reiezione d'ogni pretesa dell'attore.
Pietro Bianchi ha proposto la reiezione del ricorso e la conferma della sentenza querelata.
Considerando in diritto:
1.
Il giudice di prime cure ha lasciato aperta la questione se il negozio intercorso tra le parti costituisca una donazione modale o una donazione condizionale. La seconda giurisdizione cantonale si è pronunciata per una donazione condizionale ma, nella determinazione del danno per inadempienza, si è rifatta al concetto di onere e, di conseguenza, ha ritenuto applicabile l'art. 249 cifra 3 CO. Occorre quindi anzitutto chiarire i concetti di donazione condizionale e di donazione modale, la diversità dei loro effetti giuridici essendo stata misconosciuta da ambedue le giurisdizioni cantonali.
Nella donazione condizionale l'obbligazione è fatta dipendere dal verificarsi della condizione (art. 151 cp. 1 CO). Ne segue che nel caso in cui non si avesse a verificare la condizione, il donatario dovrebbe restituire quanto ha ricevuto. Qualora la restituzione sia divenuta impossibile
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a seguito del perimento o danneggiamento della cosa donata, sono applicabili i principî di cui all'
art. 97 sgg
. CO, e il donatario ne ha quindi a rispondere. L'obbligo della restituzione potrebbe considerarsi estinto soltanto se ne fosse divenuto impossibile l'adempimento per circostanze non imputabili al debitore (art. 119 cp. 1 CO).
Diversamente avviene nella donazione modale: il donante può pretendere, in massima, l'adempimento dell'onere accettato dal donatario (art. 246 cp. 1 CO). La revoca della donazione è possibile soltanto quando il donatario abbia "senza legittimo motivo" lasciato inadempiuto l'onere (art. 249 cifra 3 CO). Se l'adempimento d'un onere diventa impossibile, il donatario risponde dell'impossibilità dell'adempimento secondo le regole generali; si tratta però allora soltanto dell'inadempimento dell'onere, e non dell'impossibilità di adempire il contratto di donazione come tale. Ne segue che nelle due ipotesi prospettate le conseguenze giuridiche non sono identiche: revoca della donazione e restituzione della cosa donata (con eventuale responsabilità per il caso in cui la cosa non potesse venire restituita) nella prima, risarcimento per inadempimento dell'onere nella seconda ipotesi.
2.
Nella fattispecie nè la formazione, nè il contenuto del contratto stipulato dalle parti consentono la qualifica di negozio condizionale. Già lo stesso tenore della lettera 19 agosto 1948 dell'attore e della lettera 3 settembre 1948 del convenuto, ambedue essenziali per la conclusione del contratto, esclude la condizionalità del negozio. Rilevante a quest'uopo è inoltre che l'attore ha intrapreso l'opera soltanto dopo essersi consigliato col capo dell'ufficio tecnico comunale; che questi lo ha aiutato nel procacciarsi il materiale; che la donazione è stata accettata dopo un sopralluogo della commissione edilizia. Se si pon mente a tutto ciò, l'asserta condizionalità del negozio dovrebbe trovar inequivoco riscontro nelle dichiarazioni di volontà delle parti, ciò che non è in concreto. Ambedue le parti si son vincolate senza far dipendere la loro obbligazione dal
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verificarsi d'un avvenimento incerto. Conferma ne è il fatto che in giudizio l'attore ha preteso l'adempimento dell'onere e il donatario convenuto gli ha eccepito solamente l'intervenuta impossibilità di adempirlo, vale a dire di esporre all'aperto la statua danneggiatasi nel frattempo. Nessuna delle parti ha mai ritenuto che vi fosse un vincolo condizionale e mai l'attore ha preteso la revoca della donazione.
Potrebbe tutt'al più porsi la questione se si tratti veramente d'un negozio a titolo gratuito, ossia se le parti avessero realmente inteso che la dazione della statua dovesse avvenire senza prestazione corrispondente (art. 239 cp. 1 CO). Se tale non fosse stata la loro intenzione, mancherebbe l'elemento essenziale della donazione e si sarebbe di fronte ad un negozio a prestazioni corrispettive. Ma non v'è dubbio alcuno che è stata stipulata una vera e propria donazione modale. Come già ha rilevato il prof. Merz dell'Università di Berna nel suo parere giuridico, in atti, l'elemento essenziale della donazione modale è l'accessorietà della prestazione minore (onere) e della sua funzione rispetto alla prestazione maggiore. Quest'elemento è dato in concreto, in quanto le giurisdizioni cantonali hanno stimato il valore commerciale della statua a 4000 fr. e il corrispettivo della pubblicità che l'attore poteva ripromettersi dall'esposizione della statua all'ingresso dello stadio comunale a 1000 fr. L'accessorietà dell'onere è quindi manifesta. Da un punto di vista soggettivo è possibile che l'attore si ripromettesse il conseguimento di una vera e propria prestazione corrispettiva. Ma prescindendo dalla considerazione che non si giustifica di restringere eccessivamente il campo d'applicazione della donazione modale, chè altrimenti non avrebbe più ragion d'essere la disciplina legislativa di tale istituto, il convenuto, stante la veste del negozio, segnatamente i termini usati dalle parti, poteva in buonafede ritenere - in virtù della teoria dell'affidamento - come donazione modale il negozio stipulato con l'attore (RU 64 II 11).
3.
In questo connesso occorre ancora rilevare l'opinione della seconda giurisdizione cantonale, secondo cui non si tratterebbe soltanto d'un inadempimento dell'onere, ma anche d'un atto illecito. Questo è ravvisato in primo luogo nell'atteggiamento di sfregio nei confronti dell'artista, confermato con il tentativo di svalutarne l'opera attraverso una "perizia di natura artistica". Se non che è assurdo voler negare al convenuto il diritto di dubitare del valore artistico della statua e di chiederne il parere a persona competente. In secondo luogo, l'atto illecito dovrebbe consistere nel danneggiamento della statua; anche questa conclusione è senza dubbio inammissibile, già perchè l'autorità cantonale stessa ha dichiarato che le ragioni per cui la statua non è stata esposta nel luogo prestabilito sono rimaste ignote, così come sono rimaste sconosciute le cause precise e persino l'epoca del danneggiamento.
4.
Fermo stando il carattere di donazione modale del negozio litigioso e ritenuto che l'onere di porre la statua sulla colonna all'ingresso dello stadio comunale non è stato adempiuto, il donatario deve rispondere del danno che ne è risultato al donante. Giusta gli accertamenti vincolanti delle giurisdizioni cantonali, il convenuto non ha nemmeno tentato di provare che l'adempimento era divenuto impossibile per circostanze che non gli sono imputabili (art. 119 cp. 1 CO). Del resto, tale prova liberatoria non avrebbe potuto essere raggiunta: la statua è stata custodita con negligenza e la colpa grave del convenuto si può già evincere dal fatto che verosimilmente non era neanche protetta dallo sbattere d'un portone. È nemmeno il convenuto ha tentato di dimostrare che non doveva rispondere per le omissioni dei propri organi e del proprio personale.
Per quanto concerne le singole pretese di risarcimento, l'attore avendo rinunciato a impugnare la sentenza cantonale che ha respinto quella per torto morale, rimangono da esaminare soltanto quelle concernenti il danno economicamente
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valutabile, accolte dalle giurisdizioni cantonali sotto il duplice aspetto di danno emergente e di lucro cessante.
Partendo dalla premessa che l'attore avrebbe avuto il diritto di revocare la donazione a'sensi dell'art. 249 cifra 3 CO per inadempimento dell'onere inerente alla donazione e considerando che, in tal caso, il patrimonio dell'attore sarebbe stato reintegrato almeno del valore commerciale della statua di 4000 fr., la seconda giurisdizione cantonale gli ha attribuito anzitutto tale somma a titolo di danno emergente. All'autorità cantonale è però sfuggito che l'attore aveva fatto dono della statua al Comune, dimodochè al momento del suo danneggiamento questa non si trovava più nel patrimonio dell'artista. Occorrerebbe quindi un titolo giuridico speciale per fondare l'obbligo del convenuto di risarcirne il valore commerciale. Inoltre l'autorità cantonale ha disatteso che, fintantochè ignorava il danneggiamento della statua, l'attore ha preteso giudizialmente l'adempimento dell'onere e non già la revoca della donazione. Di conseguenza, non può avanzare pretese che potrebbero trarre origine soltanto dalla revoca della donazione, che non è stata chiesta. È dunque a torto che la seconda giurisdizione ha ammesso un obbligo del convenuto di restituire la cosa donata e, data l'impossibilità della restituzione, proceduto alla determinazione del danno nel valore commerciale della statua. A questo riguardo, la condanna del convenuto al risarcimento viola il diritto federale, un siffatto obbligo non esistendo pel convenuto.
Il convenuto è stato condannato a risarcire all'attore, oltre che il danno emergente, quello derivatogli dall'inadempimento dell'onere posto a suo carico con la donazione, designato dalla seconda giurisdizione cantonale quale "lucro cessante" e valutato in 1000 fr. Questo è l'unico pregiudizio di cui debba rispondere il convenuto. La mancata esposizione della statua all'ingresso dello stadio ha indubbiamente leso l'artista, che vive nel riconoscimento
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della propria opera da parte del pubblico. Per il nocumento che gli è risultato dalla mancata pubblicità, egli ha diritto ad essere risarcito. Nella valutazione di questo danno, difficilmente accertabile, l'autorità cantonale ha tenuto conto in modo equo di tutte le circostanze (art. 99 cp. 3 e 42 cp. 2 CO), vale a dire dell'ordinario andamento delle cose, dell'avvenuta temporanea esposizione della statua alla mostra cantonale d'agricoltura e soprattutto del fatto che l'attore è un artista già noto, d'una certa età, con dietro di sè bella carriera e considerata clientela. A tale proposito il diritto federale è stato rettamente applicato, sicchè non vi è ragione per modificare la valutazione discrezionale compiuta dalla secondau girisdizione cantonale.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è parzialmente accolto nel senso che, in riforma alla querelata sentenza 8 febbraio 1954 della Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, il Comune di Bellinzona è condannato a pagare a Pietro Bianchi la somma di 1000 fr. a titolo di risarcimento danni.